Fine vita, in Lombardia primo caso di suicidio assistito
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- Creato 15 Febbraio 2025
- Pubblicato 15 Febbraio 2025
MILANO, 15 feb. - Primo caso di suicidio assistito in Lombardia, il sesto in Italia. Si chiamava Serena - il nome è di fantasia per tutelarne la privacy - la donna di 50 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, morta nelle scorse settimane in casa sua in Lombardia a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale insieme alla strumentazione necessaria.
A causa della malattia, Serena era paralizzata e costretta a una condizione di totale dipendenza e necessità di assistenza continuativa. Prima di andarsene, ha lasciato un messaggio. "La mia breve vita - ha scritto - è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi. L'ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità . Quando però cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l'anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita. Questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere... libera".
A 9 mesi dalla sua richiesta, Serena è stata la sesta persona in Italia, la quinta seguita dall'Associazione Luca Coscioni, ad avere completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019 sul caso Cappato/Antoniani, con l'assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale che ha fornito il farmaco e ogni strumentazione necessaria.
La richiesta di verifica delle sue condizioni era stata inviata a inizio maggio 2024. L'azienda sanitaria a fine luglio 2024, dopo l'acquisizione del parere del comitato etico, aveva comunicato alla donna il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte con la sentenza Cappato. A novembre l'azienda sanitaria l'ha informata che non avrebbe individuato il farmaco e la strumentazione per l'autosomministrazione, dal momento che doveva essere il suo medico di fiducia a indicare, con una propria relazione, il farmaco letale e la metodica per la sua autosomministrazione. Assistita dall'avvocata Filomena Gallo con un collegio legale, Serena ha quindi fatto pervenire all'azienda sanitaria la relazione medica con indicazione del farmaco, della quantità e della modalità di autosomministrazione a firma del dottor Mario Riccio, il suo medico di fiducia. E dopo un sollecito in assenza di riscontro, a dicembre la commissione di esperti, e poi il comitato etico, le hanno confermato l'idoneità , così l'azienda sanitaria ha potuto confermare la fornitura del farmaco.
L'azienda tuttavia non ha comunicato la disponibilità di medici che, su base volontaria, l'avrebbero assistita nella procedura di autosomministrazione e quindi la donna è stata seguita da Riccio, medico anestesista, consigliere generale dell'Associazione Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e poi alcuni pazienti che fino a oggi hanno avuto accesso al suicidio medicalmente assistito.
Dopo avere indicato la data in cui intendeva procedere, è stata quindi richiesta all'azienda sanitaria la fornitura del farmaco approvato dalla commissione aziendale da consegnare al dottor Riccio che, contattato dall'azienda sanitaria, ha potuto ritirare tutto la mattina del giorno individuato e restituire successivamente strumentazione e materiali da smaltire. Serena ha così potuto procedere con l'autosomministrazione del farmaco letale nel mese di gennaio 2025, nella propria abitazione, assistita dal dottor Riccio e circondata dai suoi cari.
(adnKronos)
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