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Giovedi, 10 Aprile 8:37:pm

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Theresa se n'è andata, mancherà a poche persone. Intanto Farage...

Inghilterra Londra Brexit2BRISTOL (UK), 08 ago. - Se ne è andata il 7 di giugno. Mancherà a poche persone. Forse a nessuno

Theresa May lascia. Sta per finire il suo calvario. Brexit è ancora un punto interrogativo. Il partito conservatore è ai minimi storici dopo le elezioni europee.

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Vivere a Bristol da italiani in attesa della Brexit

VistiDaNord Bristol1Da oggi riprendiamo le redini di una nostra rubrica molto seguita, "Visti da Nord". Una sorta di diario-testimonianza da parte di mantovani che vivono all'estero, a nord dell'Italia, per necessità o scelta.

Cristiano Ferrarese - scrittore, sindacalista, insegnante, libero pensatore, portiere d'albergo, operaio... e tanto altro ancora - vive a Bristol, in Inghilterra, da tre anni e gli abbiamo chiesto di descriverci l'Inghilterra negli anni della Brexit. Ecco il primo resoconto.

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Paritá

JakobsdottirKatrin1La notizia é comparsa sui media islandesi ed é immediatamente rimbalzata su quelli italiani: se la proposta attualmente in discussione nel parlamento islandese verrá convertita in legge (come tutto lascia supporre), l'Islanda sará la prima nazione al mondo ad obbligare il datore di lavoro a produrre documentazione che provi l'assenza di elementi discriminanti nella determinazione del salario.

La notizia é stata peró riportata in modo inesatto: tutti i giornali italiani hanno scelto, infatti, di mettere l'accento sulla paritá di genere, mentre la proposta di legge parla di qualunque genere di discriminazione (non solo genere, quindi, ma anche, ad esempio, religione, nazionalitá, orientamento sessuale).

Piú di un'amica mi ha girato il link chiedendomi conferma e informazioni su quale sia la situazione ora in temini di paritá uomo donna sul luogo di lavoro. Naturalmente posso rispondere solo in base alle statistiche ufficiali e alla mia esperienza personale in ormai quasi sette anni di permanenza qui.

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Un futuro per donne

TrumpDonald3Al contrario di quanto il forte orgoglio nazionale potrebbe far pensare, l'Islanda é un paese molto americanizzato.

Gran parte della cultura e dell'intrattenimento mainstream é importata dagli USA, lo junk food stile Yankee é popolarissimo e non solo fra i piú giovani, come popolare é la trasferta americana da teenager per affinare la padronanza della lingua inglese. Lingua giá in partenza contaminata da un forte accento americano assorbito dalla televisione, dove i film e serie sono trasmesse in lingua originale. Le metropoli dell'East coast sono le preferite per il turismo mordi e fuggi, che spesso si concretizza in vere e proprie corse allo shopping selvaggio.

Perfino il welfare, marchio di fabbrica dei paesi scandinavi, in Islanda é piú contaminato che altrove dal mito americano della maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico.

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Paritá di genere

SigurdardottirJohanna1Girano tante leggende metropolitane sull'Islanda. La maggior parte sono false (i banchieri tutti in galera, la rivoluzione islandese spinta dal basso, il profondo rispetto per l'ambiente del popolo islandese, la perenne felicitá che pervade ogni animo vichingo...), ma una é senz'altro vera: nascere donna in Islanda é un po' piú facile che altrove,  soprattutto piú facile che in Italia.


Da sei anni, il rapporto del Word Economic Forum premia l'Islanda come il paese al mondo con le migliori politiche atte a contrastare le disparitá di genere.

Un tale risultato non é frutto di palliativi o interventi straordinari, ma ha radici storiche ben salde nella storia del paese. 

Quest'anno le donne islandesi hanno potuto festeggiare i cento anni del proprio diritto al voto politico. A prima vista puó sembrare un lasso di tempo relativamente breve, ma se pensiamo che all'epoca, nel resto d'Europa, tale diritto era garantito solo in Norvegia e Finlandia, l'orgoglio islandese su questo argomento ha una sua ragione di esistere.

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Vittime, non immigrati

Turchia EmergenzaProfughiSiria1Per essere una nazione di poco piú di trecentomila abitanti, l'Islanda riesce a far parlare di sé molto spesso. L'ultima notizia che ha fatto il giro del mondo é stata la disponibitá data da dodicimila islandesi a ospitare rifugiati siriani nella propria casa, impegnandosi cosí in prima persona a fornire un aiuto concreto davanti alla catastrofe umanitaria che vediamo ogni giorno in tv, sulla rete e sui giornali.

Dodicimila sono pochi o tanti? Facendo una semplice proporzione, corrispondono a circa due milioni di italiani: una cifra rilevante.

Certo, si dirá, ma lí sono in pochi. La disoccupazione é bassa. Non c'é clandestinitá. E poi quanti saranno i siriani disposti a trasferirsi nella neve e nel vento? In Italia é tutto diverso.

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