Pasqua e Pasquetta, a Berlino fanno festa anche i negozi e la gente vive bene lo stesso. Anzi...
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- Gemaakt op 07 april 2015
- Gepubliceerd op 07 april 2015
manuele Bellintani, giornalista mantovano, si trova a Berlino per uno stage di due mesi nel campo della comunicazione. LavorerĂ in un giornale on line (il nuovo Berlinese) della capitale tedesca e ogni tanto manderĂ all'Altra Mantova, per la rubrica Visti da Nord, qualche spunto di riflessione sull'esperienza berlinese confrontata con quella italiana e mantovana. Seguitelo e seguiteci.
BERLINO, 7 apr. - Durante e dopo le manifestazioni contro le aperture domenicali nei centri commerciali e la loro estrema liberalizzazione all'italiana, si sente sempre un coro monocorde, una litanìa che riesce ad accomunare semplici cittadini, lavoratori messi anche peggio di quelli del commercio, uniti ad uno stuolo di store-manager e di imprenditori wannabe al suono di parole magiche come: "è il futuro", "eh ma gli ospedali allora?" o "uno deve essere libero di fare la spesa quando vuole".
I fatti hanno la testa dura e, dove non arrivano le decine di infografiche che spiegano la situazione in Europa, basta farsi un giro dal vivo, uscendo dalla terra dei cachi, quella dei format televisivi con "Rocco" sull'Isola e di un parlamento che legifera apertamente in nome delle piĂą svariate lobbies economiche.
A Berlino, vera capitale d'Europa, si può toccare con mano cosa voglia dire il termine chiusura festiva: la cosiddetta "modernità del futuro" che viene usata come una clava per introdurre le meraviglie di negozi sempre aperti, semplicemente non esiste. Esatto, nella locomotiva economica dell'Unione Europea le serrande sono chiuse, anche per Pasqua e Lunedì dell'Angelo. Anche sulla Friedrichstrasse ormai riunita da venticinque anni e gran viale dello shopping, è rimasto tutto chiuso ad eccezione dei soliti Starbucks e Mc Donald's con le loro prelibatezze e con dentro comitive di turisti.
La spesa dei berlinesi? C'è stato tempo per farla nei giorni precedenti e basta aspettare ventiquattro ore e i negozi saranno di nuovo regolarmente aperti; non ho dati alla mano, ma mi pare che con un giorno di chiusura effettivo più le feste religiose/nazionali in Germania non si verifichino casi di morte da denutrizione. Nessuno qui si scandalizza per la chiusura né si azzarda a mettere in relazione il lavoro in un ospedale con un negozio di scarpe: specialmente in giornate di sole come quella di pasquetta, i tedeschi sembrano semplicemente più interessati a stare in famiglia o godersi il relax festivo in uno dei tanti parchi pubblici. Tutto questo al netto del fatto che a livello lavorativo la Germania non è di certo un paradiso, sia chiaro.
Durante il mio giro ho notato turiste italiane sconsolate davanti a H&M perché non potevano fare shopping, intente a diffondere il loro malcontento tramite enormi smartphone. A quel punto ho capito che evidentemente è colpa dei tedeschi perché non sono furbi come gli italiani: nel bel paese le catene commerciali (e non solo) hanno la facoltà di non chiudere più nemmeno a Pasqua pur di far girare gente che guarda vetrine di roba che non può comprare, mentre qualcuno viene pagato una miseria per tenere aperto il negozio.
Emanuele Bellintani
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