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Lavoro, con pause troppo lunghe ora il datore può licenziare legalmente

CorteSupremaDiCassazione3ROMA, 28 apr. - Riconosciuto dalla legge e dai contratti collettivi, quello alla pausa durante l'orario di lavoro è un diritto che non può essere abusato, perché il rischio concreto è quello di vedersi infliggere – legittimamente – la massima sanzione disciplinare e dover abbandonare per sempre il posto di lavoro.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione affrontando un caso pratico non infrequente, ossia quello di chi tende a soffermarsi un po' troppo a chiacchierare al bar con i colleghi di lavoro. Vediamo in sintesi la sentenza n. 8707 della Cassazione sezione Lavoro, emessa lo scorso 2 aprile, e scopriamo quali sono i poteri dell'azienda per fare luce sulle violazioni dei dipendenti e valutare l'eventuale licenziamento disciplinare.

Smascherato da un'agenzia investigativa "assoldata" dall'insospettita societĂ  datrice di lavoro e, conseguentemente licenziato, l'uomo non si diede per vinto impugnando la decisione in tribunale. Tuttavia, sia in primo che in secondo grado, i giudici confermarono la correttezza della scelta aziendale, a fronte dell'accertata violazione degli obblighi di cui all'art. 8 del d. lgs. n. 66 del 2003 in materia di pause intermedie durante l'orario di lavoro. Al contempo l'uomo aveva violato anche l'arco temporale previsto dal proprio contratto collettivo e individuale di lavoro.

In sostanza, le frequenti e prolungate soste in vari esercizi pubblici e bar non erano compatibili con la prosecuzione del rapporto di fiducia con la società datrice. E ciò era lampante, secondo la ricostruzione dei fatti svolta dal giudice d'appello, tenuto conto – in particolare – della relazione investigativa che documentava le violazioni del lavoratore, dell'analisi dei GPS installati sui mezzi di raccolta dei rifiuti guidati dall'uomo – che hanno individuato frequenti soste – e di varie testimonianze.

Insomma, un quadro probatorio che inchiodava il dipendente – già bersaglio di richiami e provvedimenti disciplinari per gli stessi motivi – alle sue responsabilità, alla violazione dei principi civilistici di buona fede, diligenza e lealtà nel rapporto di lavoro e al suo ripetuto comportamento fraudolento. Di fatto l'uomo metteva a rischio il regolare svolgimento di un servizio pubblico di basilare importanza per tutti.

(libero.it)


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