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Disturbi alimentari, i social influenzano il rapporto cibo-corpo

Bulimia2ROMA, 17 mar. - Con più di 42 milioni di italiani registrati sui social media (71% popolazione, report Digital 2025 Italy), che passano quasi 2 ore al giorno collegati alle piattaforme social, migliaia di post, video, reel e stories invadono la vita quotidiana delle persone, in una routine, quella del controllo dei social media, che inizia già dalla mattina per concludersi alla sera prima di andare a letto.

Non sorprende quindi l'influenza che possono avere nella percezione e soprattutto dispercezione del proprio corpo rispetto alla realtà oggettiva. Un peso psicologico che arriva a tal punto che, secondo l'ultima indagine svolta della digital health tech startup Lilac-Centro Dca sulla sua community (oltre 600 gli intervistati), composta da giovani adulti d'età media 30 anni, l'81% degli intervistati ha dichiarato che i social media hanno avuto un'ampia influenza sul rapporto tra cibo e corpo.

L'indagine, volta a esplorare gli ostacoli all'accesso alle cure, le esperienze personali con il sistema sanitario e l'influenza dei contenuti online sui Dca, in occasione della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare (15 marzo), ha messo in evidenza, inoltre, "come alcuni contenuti social vengano ritenuti più dannosi in assoluto. Su tutti le foto delle trasformazioni fisiche, le cosiddette 'Before&After' (34%), seguite dai post che normalizzano le restrizioni estreme (24%) e dai "What I eat in a day" (17%), ovvero quei video selfie in cui viene mostrato il cibo mangiato durante il giorno descrivendo le pietanze ed entrando nel merito dell'apporto calorico o nutrizionale"

"È indubbio che i social media abbiano un impatto significativo sul rapporto con il cibo e il corpo, come evidenziato dai dati della nostra indagine – commenta Giuseppe Magistrale, co-founder e ceo di Lilac-Centro Dca – Tuttavia, è fondamentale ricordare che i disturbi alimentari sono patologie multifattoriali, influenzate da una combinazione complessa di fattori biologici, psicologici e sociali. Ridurre tutto a una sola causa sarebbe fuorviante, ma è altrettanto vero che certi contenuti digitali possono alimentare vulnerabilità preesistenti e ostacolare il percorso di recupero."

Social a parte, dall'indagine emerge come ci sia ancora una grande difficoltà nel comprendere le problematiche delle persone che soffrono di dei disturbi del comportamento alimentare. Non è un caso, infatti, se alla domanda 'le persone intorno a te comprendono il tuo disturbo alimentare?', ben il 63% ha risposto in modo negativo. Ma non solo, ancora oggi una grande parte dei problemi legati ai disturbi del comportamento alimentare riguardano i pregiudizi che permangono nell'immaginario delle persone. In particolare l'espressione tipica 'È solo una questione di volontà' è considerato il pregiudizio in assoluto più ascoltato (40%), per poi passare ai classici come 'È solo un capriccio' (12,5%) o 'Se vuoi guarire, basta mangiare di più' (11%).

E se i pregiudizi sono sicuramente difficili da estirpare, anche trovare il giusto professionista sembra essere una questione alquanto problematica. Ben l'80% degli intervistati, infatti, ha riscontrato notevoli difficoltà nel trovare un operatore sanitario specializzato nel trattamento dei disturbi alimentari. "E come se non bastasse tutto questo – aggiunge Filippo Perotto, co-founder di Lilac-Centro Dca – una volta trovato il professionista a cui affidarsi, il 67% degli intervistati, si è sentito minimizzare il proprio disturbo, con affermazioni del calibro di 'Il tuo peso è nella norma, quindi non hai un problema' o 'Non sembra che tu abbia un disturbo alimentare', ma anche 'mangia di più e vedrai che ti passa'. Questo dato è emblematico dell'importante bisogno di formazione specifica dei professionisti che si occupano di salute mentale e alimentare".

Dallo studio, poi, si evincono anche altri ostacoli nell'accesso alle cure: da un lato la paura di non essere 'abbastanza malati' (26%), condizione che porta inevitabilmente molte persone a rimandare la ricerca di supporto, aggravando così le proprie condizioni, dall'altra i costi troppo elevati (19%) delle terapie. "Tutti questi risultati – conclude Magistrale di Lilac-Centro Dca – sottolineano l'urgente necessità di interventi su diversi fronti. Dal miglioramento della formazione e sensibilizzazione degli operatori sanitari, alle campagne di comunicazione mirate per ridurre stigma e pregiudizi legati ai disturbi alimentari e maggiore attenzione nella regolamentazione dei contenuti online che possano alimentare comportamenti disfunzionali o dannosi".

(adnKronos)


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